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MGS in Real World - Le nanomacchine
scritto da Pasta Eater il 06 Ottobre 2013

Le nanomacchine sono considerabili un “marchio di fabbrica” di MGS. Anche se sembrano solo un’invenzione narrativa, sono da anni allo studio nel mondo reale, e ne sono state realizzate diverse tipologie. Ma quanto hanno in comune quelle reali con quelle che ben conosciamo?


Le prime nanomacchine, quelle impiantate a Snake prima del suo intervento a Shadow Moses, erano già in grado di compiere operazioni complesse: potevano gestire i livelli di adrenalina, glucosio, nutrienti e ormoni; a questi compiti, nella seconda generazione (quella iniettata a Raiden prima dei fatti della Big Shell) si aggiungono altre funzioni, tra cui la capacità di interagire e sbloccare nodi informatici, indurre allucinazioni e cicatrizzare le ferite. Erano poi in grado di trasmettere i parametri vitali e di fungere da sistema di comunicazione, andando a sostituire il vecchio codec, che in MGS1, per quanto miniaturizzato, era comunque un apparecchio macroscopico inserito all'interno dell'orecchio . In MGS4, la terza generazione di nanomacchine  va ben oltre: applicate su scala globale a tutte le PMC, permisero di dare origine al sistema SOP, con il quale era possibile gestire emozioni, sensazioni e azioni dei soldati, garantendo un controllo totale della battaglia, oltre ad impedire l’uso delle armi tramite ID personali.
Le massime capacità di Akiba, privo di nanomacchine.
Anche se le nanomacchine finora ideate e realizzate sono estremamente limitate, con la possibilità di svolgere azioni semplici come muoversi autonomamente in direzioni casuali o trasferire un principio attivo in un particolare sito, è plausibile che vengano costruite, in un non così lontano futuro, nanomacchine così complesse da monitorare le funzioni fisiologiche e le sostanze disciolte nel torrente ematico, diagnosticare malattie e curarle contestualmente,  e rendere il tutto trasmissibile a distanza, presumibilmente tramite sensori e trasmettitori macroscopici, situati all’esterno del corpo o magari sottopelle. Ad esempio, al MIT di Boston sono già allo studio nanomacchine in grado di riconoscere ed eradicare i tumori, con funzioni multiple e controllabili dall'esterno: quando saranno realtà, costituiranno un’arma decisiva nella lotta al cancro. 
D’altro canto non sembra poi così funzionale, per un soldato, avere questi strumenti estremamente complessi e costosi all’interno del corpo: si tratterebbe comunque di oggetti di dimensioni infinitesime, disperse nel flusso sanguigno, che potrebbero essere facilmente perdute con emorragie e difficilmente eliminate del tutto in caso di necessità. Quindi, se l’utilizzo di questa tecnologia in ambito medico sembra fattibile oltre che auspicabile, nel mondo militare sembra davvero poco pratico e troppo costoso a fronte dei vantaggi che ne deriverebbero, considerando che un sistema così complesso ed efficace come il SOP è davvero molto lontano non solo dalla realizzazione, ma anche dalla progettazione.
Una realistica nanomacchina di oggi. Ci si può fare una corsa di (nano)macchinine.
Più plausibile sembra, almeno per i prossimi decenni, l’implementazione di molte delle caratteristiche delle nanomacchine di MGS con strumenti macroscopici, magari integrati in esoscheletri in grado di migliorare le prestazioni fisiche, come effettivamente stanno sperimentando gli eserciti di diverse nazioni, tra cui (caso strano) quello degli USA. Tecnologie in grado di misurare e trasmettere battito cardiaco, pressione sanguigna ed altri parametri vitali, oppure di misurare i livelli di determinate sostanze e rilasciare la quantità necessaria di determinate sostanze, come ormoni o medicinali sono ormai all’ordine del giorno per cardiopatici e diabetici. Non è difficile immaginare applicazioni militari di queste tecnologie, magari di dimensioni più contenute e con un maggior numero di funzioni. Dal punto di vista nanometrico, la prima tecnologia che potrebbe vedere un’applicazione pratica fuori dai laboratori di ricerca è dovuta alla più semplice azione attuabile da una nanomacchina: il movimento lineare. Un’equipe del CNRS francese, guidata dal prof. Nicholas Giuseppone, è riuscita a creare legami stabili tra nanomacchine in grado di effettuare movimenti telescopici di un nanometro, dando origine ad un piccolo tessuto capace di contrarsi di 10 micrometri, cioè 10.000 nanometri. Un’azione che ricorda in tutto e per tutto i nostri muscoli, che si contraggono grazie a due tipi di molecole (actina e miosina) proteiche che “scorrono” l’una sull’altra, contraendo o decontraendo i sarcomeri, microscopiche unità contrattili, che nel complesso danno origine al movimento dell’organo. Sembra quindi plausibile che in tempi relativamente brevi potremo avere muscoli sintetici costituiti da nanomacchine simili alle nostre fibre muscolari: magari molto vicini ai componenti del braccio sintetico di Liquid Ocelot, chissà!

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